Punto di non ritorno

Economicamente parlando, il calcio italiano è un morto che cammina. Secondo l’inchiesta di Repubblica, solo negli ultimi dieci anni la massima divisione ha perso circa due miliardi, 500mila euro al giorno. Ha sempre speso molto più di quello che incassava.

La pandemia in corso ha solo aggravato la situazione di un sistema già squilibrato. Cosa sarebbe successo senza pandemia? L’agonia del calcio italiano, la cui gestione in deficit è stata la regola, non l’eccezione, sarebbe stata solo più lenta e meno indolore. Ma adesso siamo a un punto di non ritorno. Le 20 squadre di A alla voce debiti segnano 4 miliardi, con in vista una selezione darwiniana che lascerebbe in vita solo le realtà coperte da azionisti con le spalle larghe, ossia disposte a pagare i debiti. Condannando al crac le altre.

Secondo l’analisi del Sole 24 Ore, al 30 giugno 2020, data di presentazione dei bilanci, solamente le 5 big (Juve, Inter, Milan, Roma e Lazio) hanno messo assieme 650 milioni di passivo. Quasi il triplo di quanto avevano perso l’anno precedente tutti i 20 club iscritti al campionato, e molto meno del deficit fatto registrato nel 2003, il più alto prima di oggi. Se a questo passivo aggiungiamo i 150 milioni bruciati dalle altre 15 squadre, il totale fa 800 milioni di passivo, uno sprofondo da record.

A sinistra Steven Zhang, presidente dell’Inter da ottobre 2018.
A destra Paolo Scaroni, presidente del Milan da luglio 2018.

A differenza di precedenti crisi economiche, stavolta sono le grandi a soffrire di più. È vero che molte di loro godono di proprietari solidi e liquidi (da Exor a Suning, da Elliott a Friedkin) ma è altrettanto vero che le criticità sono enormi. Ne abbiamo individuate quattro:

  • STADI VUOTI – La riduzione dei proventi è stimabile in 100 milioni solo dal ticketing. Alla Juventus, solamente per lo scorso campionato concluso ad agosto, le partite a porte chiuse sono costate 21 milioni di mancate entrate. Nel Regno Unito li hanno parzialmente riaperti ma non illudiamoci: il tema è al momento fuori dall’agenda del governo e si continuerà a porte chiuse fino alla fine del torneo. I mancati introiti da botteghino raggiungeranno così cifre a due zeri, oltre 300 milioni, dice il Corriere della Sera. Curioso il caso dell’Inter, che avrebbe perso per lo stesso motivo 13 milioni ma ne ha ottenuti 10 di risarcimento per una polizza assicurativa contro gli stadi vuoti che prevedeva anche il rischio pandemia. Scherzi del destino: alla pandemia c’aveva pensato più l’Inter che i nostri politici…
  • RICAVI AZZERATI – Con gli store chiusi e meno soldi da spendere, neppure il boom delle mascherine personalizzate con i brand della propria squadra del cuore hanno evitato un calo significativo degli incassi da marketing (quelli del Milan sono calati di 3 milioni, la Juventus ne ha persi addirittura 12 contando anche la serrata del museo).
  • DIRITTI TV IN BILICO – Sono il vero incubo della serie A perché rappresentano da sole il 40% delle entrate dei club, una miniera d’oro che ha tenuto in piedi il calcio finora (solo l’anno scorso i broadcaster hanno versato alle squadre 1,3 miliardi). E nonostante gli stadi vuoti, l’audience invece di salire è scesa (-40% nel confronto tra una partita di inizio gennaio e una a luglio alla ripresa). Non è un caso che Sky e Dazn si siano rifiutate di pagare alla Lega l’ultima rata dei diritti dello scorso anno, in scadenza a maggio.
  • SPONSOR FREDDI – Costituiscono la voce di bilancio più promettente, avendo fatto registrare un balzo del 20% nell’ultima stagione. Ma ovviamente anche i grandi sponsor, che garantiscono il 18% degli incassi della Serie A, ora come ora trovano meno interesse a investire nel calcio.

Se calano le entrate, diventa necessario tagliare i costi. Il costo del lavoro è un macigno. Tradotto: gli stipendi dei calciatori, che in Serie A ammontano a 1,7 miliardi (con una forbice larga tra i 31 milioni di Cristiano Ronaldo e i 40 mila euro di uno sconosciuto centrocampista dell’Udinese), rappresentano quasi il 50% delle uscite in bilancio.

Ecco perché, in una situazione del genere, sono sopraggiunte due novità: proposte di aiuti dal governo e ingresso dei fondi, argomento già trattato in un What if.

Basterà ad evitare il fallimento?

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